Frode fiscale nella logistica, sequestrati 26 mln di euro a due gruppi torinesi
Committenti dei servizi erano “importanti realtà aziendali” di settore con sedi in Piemonte, Lombardia, Lazio, Veneto, Liguria ed Emilia-Romagna

Due diversi gruppi imprenditoriali di Torino attivi nella logistica sono finiti nei guai per presunti reati fiscali tesi alla somministrazione illecita di manodopera.
L’indagine, chiamata Epicentro, ha avuto il suo clou nelle prime ore della mattina di oggi, con il sequestro preventivo – da parte dei militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, su decreto del Gip di Tribunale di Torino – di beni e disponibilità finanziarie per complessivi 26,5 milioni di euro nei confronti di 10 società e 9 soggetti. Per uno dei due gruppi è già stata avviata la liquidazione giudiziale. Le attività illecite, commesse nel periodo 2018-2023, avrebbero coinvolto complessivamente 2.000 lavoratori. indagati per presunte frodi messe in atti nel periodo 2018 – 2023.
Le condotte, spiega una nota della Gdf, “sono inquadrabili nell’ambito delle somministrazioni irregolari di manodopera dissimulate attraverso la stipula di fittizi contratti di appalto di servizi in favore di diversi committenti, allo scopo di conseguire guadagni illeciti attraverso il sistematico mancato pagamento delle imposte dovute”.
Il sistema messo in atto dai due gruppi in particolare si articolava su tre livelli. Il primo, con società che fungevano da serbatoi di manodopera, tutte con sede legale in Torino, formalmente gestite da prestanome e dotate di una ingente forza lavoro, su cui venivano fatti ricadere gli oneri contributivi e previdenziali e il debito Iva correlato alle fatture emesse nei confronti delle società filtro, pure con sede a Torino, che poi sistematicamente era evaso. Infine le società committenti, che secondo gli inquirenti erano “importanti realtà aziendali del settore della logistica”, con basi in Piemonte, Lombardia, Lazio, Veneto, Liguria ed Emilia-Romagna, e che tramite questo sistema ottenevano “cospicui risparmi sul costo della manodopera ed esternalizzando le connesse attività e relazioni industriali”.
Secondo quanto riferito in una nota dalla Fil Cgil, del sistema avrebbero beneficiato anche Postalcoop e Cargobroker, “ricavando profitti a spese dei diritti di oltre 2.000 lavoratori e delle imprese sane che competono sul mercato rispettando le regole”.
L’indagine, spiega la nota, condotta anche analizzando diversi device sequestrati, ha portato a riconoscere l’effettiva modalità di impiego della manodopera, poi confermata tramite l’audizione dei lavoratori impiegati presso i vari committenti. Parallelamente è stata verificata la concreta inesistenza, sul piano fattuale e aziendale, delle società serbatoio. Infine gli ulteriori riscontri, si legge, hanno rilevato che la direzione dei lavoratori era in mano ai committenti, i quali provvedevano anche a fornire loro gli strumenti tecnologici (come tablet palmari) funzionali a eseguire attività di consegne pacchi. Gli stessi committenti dettavano gli orari di servizio, indicavano l’entità della forza lavoro da impiegare giornalmente ed esercitavano attività disciplinari.
A conclusione degli accertamenti è stato ricostruito un volume complessivo di fatture per operazioni inesistenti per oltre 100 milioni di euro. Oltre a disporre il sequestro per equivalente di disponibilità per 26,5 milioni di euro, è anche stata fermata la principale società filtro, che aveva nel complesso oltre 500 lavoratori dipendenti e che operava anche nel settore della ristorazione, dove nel tempo aveva differenziato i propri investimenti. Di questa, il Gip ha disposto l’amministrazione giudiziaria, che subentrerà nella gestione delle diverse attività aziendali, incluse quelle di “noti ristoranti e di uno storico bar del centro cittadino”.
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