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L’impatto (negativo) del trasporto marittimo containerizzato sulla logistica di un’impresa italiana

Di seguito riportiamo la testimonianza di un supply chain manager italiano (che opera per un primario gruppo industriale europeo) su quanto e come la insufficiente capacità di stiva sulle navi e di container negli ultimi mesi stia complicando le catene logistiche delle imprese con gravi conseguenze anche sulle vendite e sull’affidabilità e puntualità dei beni […]

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29 Ottobre 2020
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Container impilati colorati

Di seguito riportiamo la testimonianza di un supply chain manager italiano (che opera per un primario gruppo industriale europeo) su quanto e come la insufficiente capacità di stiva sulle navi e di container negli ultimi mesi stia complicando le catene logistiche delle imprese con gravi conseguenze anche sulle vendite e sull’affidabilità e puntualità dei beni offerti ai propri clienti. Il contributo (purtroppo) dev’essere pubblicato in forma anonima per richiesta del supply chain manager. Solo per far comprendere le dimensioni della realtà aziendale di cui si parla, questa impresa ha più di un centro logistico in Italia e spedisce ogni anno via mare fra 50.000 e 75.000 Teu di merce, cui si sommano oltre 5.000 trasporti via terra nel nostro paese e in Europa. Prima del lockdown la merce impiegava mediamente 10 settimane per completare il ciclo logistico dalla fabbrica di spedizione “agli scaffali” per la vendita finale.

 

“I volumi del 2020 per il nostro gruppo non dovrebbero subire grandi differenze; la ripresa della seconda metà del 2020 compenserà in larga parte il calo del primo semestre causato dal Covid.

Il problema è che oggi tutto il sistema dello shipping è andato in crisi. Tralasciando la questione da un punto di vista economico, le compagnie di navigazione in questo periodo stanno facendo mancare la capacità operativa. Quindi si soffre a caricare la merce a bordo, si soffre sui transiti e per la congestione a destino. L’irregolarità del flusso delle merci produce anche degli scompensi sulla catena logistica. I terminal a destino vanno spesso in crisi.

È una cosa drammatica. Non so se si possa parlare di cartello però negli ultimi mesi hanno messo in atto una strategia not-supportive. Se guardi ai risultati delle compagnie hanno fatto degli Ebit nel secondo trimestre che, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, come minimo sono il doppio.

Per noi si traduce in vendite perse, in opportunità di business mancate. La merce non riesce a partire, non abbiamo la capacità d’imbarco, c’è irregolarità perché continuano a fare blank sailing ed è notizia di ieri che un primario vettore marittimo europeo non vuole caricare merce con destinazione il Regno Unito perché stanno soffrendo ritardi sui terminal portuali. Se le compagnie iniziano a saltare la Gran Bretagna, quello è un mercato che viene totalmente dimenticato.

Il mondo è letteralmente impazzito; una tempesta perfetta.

Parlo di Asia – Europa, dove le tariffe sono raddoppiate, ma se guardo al trade Asia – Stati Uniti i noli sono triplicati. Sull’Europa anche quando trovi lo spazio nave non trovi i container, quindi le compagnie prima hanno tenuto bassa la capacità e adesso c’è shortage di equipment all’origine e magari ce n’è un eccesso in paesi come Uk e altri paesi di destino.

Non sembra esserci in campo nessuna azione significativa per ribilanciare la capacità di stiva e questo per noi è devastante. Dall’altra parte e quindi del lato della produzione, dal lato della domanda di trasporto via mare, per quanto ci riguarda il mercato è ripartito in maniera importante. Ripartito azzoppato perché alcuni fornitori sono al limite della capacità, altri hanno problemi di fornitura per questioni legate al Covid o magari a limiti di capacità.

Il sistema della logistica non è stato capace di ripartire alla velocità necessaria e si trovano colli di bottiglia a tutti i livelli. Quando alla fine di tutto questo stress riesci ad avere la merce e riesci a prenotare il trasporto sulla nave, ti manca il container. Da luglio fino a settembre è stato un peggiorare continuo.

Il trasporto aereo per noi non è assolutamente un’alternativa percorribile (per prezzi e spazi) e il treno non può esserlo per una questione di capacità: contiene 40-50 container e una nave 10.000 container.

Quanto carico non ha potuto viaggiare negli ultimi mesi per questa criticità? Stiamo monitorando e gestendo una coda costante pari a circa il 20% del fabbisogno settimanale che ha prodotto anche delle perdite sulla produzione: le fabbriche e i fornitori quando hanno i magazzini pieni non producono altra merce. La nostra control tower ci ha consentito di monitorare efficientemente queste dinamiche e di mantenere i mercati costantemente allineati e il supporto operativo ricevuto dai vertici ci hanno permesso di limitare in qualche modo i danni. Fra settembre e ottobre è facile che abbiamo perso però 200 container di produzione; è un numero che colpisce i risultati e la nostra capacità di essere affidabili verso i clienti.

Un momento veramente complicato per la supply chain con delle problematiche proprie che si sommano a quelle generate dal Covid.”

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