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Notizie e interviste in evidenza

Nei container il viaggio dei fertilizzanti italiani esportati in Asia

Dove sono realizzati, come viaggiano e a quali paesi sono destinati i fertilizzanti prodotti in Italia, considerati un’eccellenza a livello mondiale? A fare luce su questa commodity è un interessante contributo a cura di Alessandro Savona, responsabile Sales, Transport & Operational di Mto (società parte del gruppo genovese Finsea), realizzato con il supporto di Robert […]

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7 Dicembre 2020
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Dove sono realizzati, come viaggiano e a quali paesi sono destinati i fertilizzanti prodotti in Italia, considerati un’eccellenza a livello mondiale?

A fare luce su questa commodity è un interessante contributo a cura di Alessandro Savona, responsabile Sales, Transport & Operational di Mto (società parte del gruppo genovese Finsea), realizzato con il supporto di Robert Paul Dreelan, country sales manager della casa di spedizioni Toll. Le due società collaborano da tempo nella gestione di queste spedizioni appoggiandosi al vettore marittimo Yang Ming, in Italia rappresentato da Yang Ming Italy, società che pure fa capo a Finsea.

“Quello che viene usato per concimare altro non è che uno scarto delle lavorazioni sulla carne, per lo più sangue e ossa, nel pieno rispetto delle norme sanitarie in vigore e in linea con i moderni concetti di Circular Economy e EU Green Deal” ha spiegato Savona. In particolare da questi processi si ottengono i cosiddetti bone meal, che deriva dagli scarti di ossa, e blood meal, che proviene da quelli di sangue. Prodotti ‘farinosi’ il cui uso finale può essere quello di fertilizzante (con l’aggiunta obbligatoria di una componente di matrice vegetale di diverso tipo), ma anche – a secondo della richiesta del mercato e dall’esigenza doganale del cliente, come mangimi o pet food (cibo per cani e gatti).

Il prodotto raccolto negli stabilimenti italiani, così come quello proveniente da Nord Europa (in particolare Irlanda e Polonia) è considerato di qualità elevata, tanto che come accennato sopra ogni mese dalla Penisola ne viene esportata una quantità pari a circa mille container (per un totale di 20mila tonnellate), generata principalmente da Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte.

“Nonostante il rallentamento dell’economia globale a causa della pandemia Covid19 che ha toccato anche questo settore, per noi ha segnato un + 50% rispetto ai volumi trasportati da Mto nel 2019” ha sottolineato il manager.

“I principali Paesi importatori appartengono al Sud Est asiatico, Vietnam e Thailandia ai primi posti” ha spiegato ancora Savona, prima di illustrare il meccanismo utilizzato per il tracciamento. “La merce viene imbarcata dentro i container in sacchi e l’esportatore ha l’obbligo di inserire – con l’ausilio dello spedizioniere – tutti i dati relativi alla spedizione sul sistema Traces, un tool elaborato dal sistema veterinario dell’Ue. Il container viene poi chiuso con sigillo e trasportato al porto con un anticipo di almeno 24 ore sull’imbarco, in modo che se il Pif sanitario (uffici periferici del ministero) richiede un controllo, si abbia il tempo per farlo, senza rischio di rimanere a terra”. Un tempo tecnico che, secondo Dreelan, può essere “abbattuto dall’introduzione del sigillo elettronico con bare code, che riduce molto il possibile errore umano di trascrizione errata del codice”.

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