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Come e perché la logistica del Friuli Venezia Giulia guarda anche a ovest

Fare del Friuli Venezia Giulia un’unica piattaforma logistica con servizi diffusi sul territorio e con il porto di Trieste – ora affiancato anche da quello di Monfalcone – come cardine dei traffici commerciali. E’ questo l’obiettivo che Regione Friuli Venezia Giulia e Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Orientale si pongono, con uno sguardo […]

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26 Marzo 2021
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Fare del Friuli Venezia Giulia un’unica piattaforma logistica con servizi diffusi sul territorio e con il porto di Trieste – ora affiancato anche da quello di Monfalcone – come cardine dei traffici commerciali. E’ questo l’obiettivo che Regione Friuli Venezia Giulia e Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Orientale si pongono, con uno sguardo rivolto anche a Occidente, oltre ai mercati storici dell’Europa Orientale, dell’Austria e della Germania del Sud. L’ufficialità delle intenzioni è emersa dal ‘Tavolo per la terza ripartenza del Friuli Venezia Giulia’ dove la Giunta regionale ha presentato ai consiglieri un documento (non reso pubblico) con le linee programmatiche generali e gli indirizzi per inserirsi nel Recovery Plan nazionale.

Al di là del dettaglio nelle richieste che potrebbero poi portare nelle casse regionali cifre ben diverse e sostanzialmente ridotte, la notizia sta nella volontà di riservare parte di queste risorse alla logistica regionale vista come un unicum. Nei giorni scorsi il Piccolo di Trieste ha accennato a 106 milioni di euro per la “creazione di un polo logistico regionale”, 200 milioni per “l’integrazione fra industrie regionali e porto”, 470 milioni per interventi ferroviari nell’area di Udine e ad altre voci che per il momento saranno solo richieste al governo nazionale (ad oggi ancora indeciso sul da farsi). Ma è fuori di dubbio che si voglia dare forte concretezza a un concetto ribadito anche dal presidente della Regione, Massimiliano Fedriga: “La nostra collocazione rappresenta un valore aggiunto. Per questo dobbiamo rafforzare il nostro sistema di porti e interporti che già oggi è in grado di mobilitare quantità molto elevate di merci, risultato di numerosi collegamenti a livello internazionale”.

Il lavoro, in realtà, è già iniziato nei mesi scorsi, dopo che gli ultimi due anni sono stati dedicati ad attrarre investimenti sul territorio. Lo svolgimento del tema di “regione-porto” è stato affidato all’Interporto di Trieste. L’infrastruttura dedicata alla logistica intermodale e situata in prossimità del confine italo-sloveno di Fernetti non presenta numeri eccezionali (133.200 camion nel 2020 contro i circa 160.000 del 2019, 332.000 tonnellate di merci manipolate nei magazzini contro le 446.000 del 2019). Ma è l’azionariato a risultare particolarmente interessante essendo composto da duisport (Porto di Duisburg) col 15%, da Friulia (finanziaria della Regione FVG) col 31,99%, dall’Autorità portuale col 20%, dalla Camera commercio Venezia Giulia (16,54%), dal Comune di Trieste (11,05%) e da quello di Monrupino (5,52%), mentre il Comune Gorizia è proprietario di una singola azione.

Proprio duisport, entrato nella compagine azionaria dell’interporto l’8 febbraio di quest’anno rilevando quote da Friulia, potrebbe dare quell’input necessario a lanciare l’intera regione nel business della logistica verso Est, con un occhio all’Ovest. Oltre all’Interporto di Trieste, che in qualche modo farà da capoclasse, industriali friulani permettendo, le altre strutture coinvolte saranno l’Interporto di Cervignano, eterna incompiuta dalle ottime potenzialità, l’Interporto di Gorizia e soprattutto l’interporto di Pordenone. Interporto di Trieste già oggi possiede  l’83% di quello di Cervignano e non a caso Erich Staake, amministratore delegato del porto fluviale di Duisburg, ha recentemente affermato che “questa è un’estensione significativa della nostra rete internazionale. Soprattutto per i nostri clienti che stabiliscono le loro priorità nel trasporto di merci nell’area europea”.

Gorizia non fa ancora parte della partita, ma su Pordenone si punta in maniera decisa. In questo caso i numeri sono già  importanti perché si parla di un vero catalizzatore che ha messo le imprese in condizione di utilizzare aree e magazzini, senza intervenire nella gestione quotidiana. Sulla superficie di circa 70 ettari, nell’Interporto di Pordenone trovano posto un ufficio tecnico per dare continuità all’intermodalità, la Dogana e spazi per aziende di logistica, oltre ai servizi necessari al settore. Il tutto con 70 aziende, un’industria con 160 dipendenti e un totale di 1300 occupati; un nuovo terminal intermodale capace di movimentare 200.000 container, connesso con la rete ferroviaria e autostradale e con la capacità di gestire più di 1000 camion a settimana.

E proprio da qui si inizierà a volgere lo sguardo anche verso Ovest. Chiaro il ragionamento di Giuseppe Bortolussi, amministratore delegato di Interporto Pordenone, secondo il quale c’è stata in passato una dicotomia fra trasporti e logistica con la questione del Franco fabbrica (chi vende il prodotto non si occupa del trasporto), mentre oggi la logistica è comprimaria al mondo produttivo: “Finalmente il settore industriale sta prendendo coscienza della questione. Per far sì che il sistema si integri ci voleva l’unione tra industria e logistica. Coordinare il sistema con il  porto di Trieste – spiega Bortolussi – è una priorità assoluta. Il porto di Trieste può orientarsi anche verso Ovest oltre che verso il Nord e Centro Europa”.

Riccardo Coretti

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