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Made in Italy e logistica: “Un errore pensare che vendendo Exw il prezzo della merce sia più basso”

Contributo a cura di Fulvio Carlini * * chairman Shipbrokers committee di Fonasba   Non credo di dover essere io ad aggiungere ancora qualcosa a quanto, per esempio, presentato e soprattutto spiegato molto bene dall’amico Paolo Federici a proposito dei criteri di cessione delle merci da parte degli esportatori Italiani, ma penso ci possa stare […]

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29 Dicembre 2020
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Contributo a cura di Fulvio Carlini *

* chairman Shipbrokers committee di Fonasba

 

Non credo di dover essere io ad aggiungere ancora qualcosa a quanto, per esempio, presentato e soprattutto spiegato molto bene dall’amico Paolo Federici a proposito dei criteri di cessione delle merci da parte degli esportatori Italiani, ma penso ci possa stare un commento ulteriore a quanto ho letto negli ultimi giorni e alle dichiarazioni rilasciate in merito da diverse fonti. Dichiarazioni che, in alcuni casi, mi hanno lasciato a dir poco “sorpreso” per la evidente mancanza di preparazione specifica da parte di chi le ha rilasciate.

Si è già detto da molte fonti che moltissima merce Italiana viene esportata lasciando il controllo della logistica ai compratori; la cosa è purtroppo nota, visto che l’Italia perde a causa di questo possibili profitti da attività di logistica, sia per le aziende esportatrici sia per chi offre logistica, e soffre come conseguenza di questo mancato controllo commerciale su molta merce che esporta. Già questo secondo punto dovrebbe far pensare a fondo chi esporta, visto che nel momento in cui si lascia che il compratore gestisca completamente il trasporto si perde completamente il controllo della merce e, spesso, anche la reale destinazione finale, o il mercato dove la stessa approderà. Oltre a ciò capita spesso che venditori di merce a condizioni EXW accettino condizioni di pagamento contro documenti rilasciati al porto di imbarco, o addirittura a destino, senza rendersi conto che se qualcosa accade alla merce durante il trasporto il pagamento potrebbe essere messo in discussione. Accennavo prima a una dichiarazione da parte di un dirigente di Confindustria che giustifica la scelta come sistema per aumentare la competitività mostrando un prezzo inferiore del prodotto: non commento oltre, mi limito a dire che chiunque possa comprendere come questa sia una enorme fesseria, visto che il costo del trasporto dovrà comunque essere aggiunto e, anzi, che proprio vendendo a condizioni EXW, l’esportatore mette a disposizione del compratore, e dei propri concorrenti, il suo costo di produzione, che potrebbe invece meglio “mascherare” con la aggiunta dei costi di logistica. Conta il prezzo del prodotto sul mercato di consumo, non al momento della partenza, non credo si necessario spiegarlo.

Abbiamo messo in evidenza il problema, ma cerchiamone le cause, che io trovo prima di tutto nella mancanza di preparazione, sia commerciale sia specifica, di chi le aziende le possiede, e spesso dirige, o dei manager che le gestiscono. Si pensa infatti che vendere EXW significhi avere meno problemi ma il risultato, come appena detto, è spesso il contrario, oltre a perdere il controllo dei mercati e dei prezzi finali che negli stessi si possono realizzare. Essere in grado di consegnare la merce al cliente sul mercato di destinazione crea sicuramente più problemi, ma garantisce maggiori margini di manovra, conoscenza dei mercati e controllo della propria merce, il che significa effettiva capacità di competizione all’estero. E tornando a chi gestisce le vendite, titolari o manager che siano, siamo all’ennesima dimostrazione del “nanismo” di gran parte delle aziende italiane, bravissime a produrre ma incapaci, proprio a causa delle dimensioni troppo limitate e della scarsa internazionalizzazione dei loro quadri direttivi, a cercare soluzioni logistiche ideali, nonostante i fornitori in questo campo non manchino, e a offrire ai propri clienti un vero servizio, che non è la sola vendita della merce, ma la resa della stessa nel punto di destino chiesto dal cliente.

Cosa fare per questo? Io credo nel concetto di fare squadra e quindi creare (non sarebbe difficile) sinergie tra produzione e logistica, contatti frequenti e formazione, così da trasformare la visione del trasporto da “costo” a “opportunità”. Non è impossibile pensare di intensificare un rapporto continuo tra le aziende di logistica e quelle industriali e di trading, organizzare meeting, seminari, siti web che spieghino in dettaglio le cose e, perché no, avere nelle Camere di Commercio persone che dedichino parte del loro tempo a questa attività di promozione delle conoscenze, della formazione volta a spiegare perché controllare il trasporto è un “plus” e non un “minus”, attività che deve essere svolta in coordinamento tra le aziende della logistica, le loro associazioni di categoria, i porti e i sistemi di trasporto.

Per finire, un cenno al concetto di “fare squadra”. Ho letto con interesse il commento di Zeno D’Agostino, che citando la continua espansione a terra dei grandi vettori container marittimi esprime la giusta preoccupazione sulla necessità di “arginarne” lo strapotere. Zeno dice qualcosa di assolutamente corretto e necessario, ma solo se i porti italiani, e non solo, sapranno “fare sistema” potranno essere in grado di rispondere a questa necessità, comportandosi sì da concorrenti, ma contemporaneamente da squadra, capace di offrire le risposte che le merci chiedono con soluzioni coordinate, con porti efficienti, sia sul mare sia su fiumi, canali e all’interno, e gestione dei trasporti interni, di nuovo, coordinati tra strada, rotaia e vie d’acqua.

Concludo citando la ottima iniziativa di Cisco che, notando i problemi di cui si è parlato finora, chiede maggiore azione da parte dei porti, con la proposta di Filippo Gallo di istituire per Genova una struttura capace di promozione adeguata al mercato di oggi. Concordo con Filippo su questa necessità, ma nuovamente ripeto che una tale iniziativa possa e debba essere portata avanti non da un singolo porto, anche se il principale in Italia, ma dal sistema portuale italiano, che possa e debba rivolgersi all’industria non solo nazionale ma anche internazionale per poter, finalmente, utilizzare i nostri sistemi logistici al meglio. Abbiamo la prova che anche grandi entità europee credono nei nostri porti, vedi gli investimenti a Trieste di grandi operatori tedeschi, ora è il momento di mostrare, come sistema, cosa possiamo davvero offrire.

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