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Politica

Il Ministero dei Trasporti perde teste, allarme degli operatori ferroviari

Assoferr, Fermerci e Fercargo scrivono a Salvini: “A Pnrr finito rischiamo di avere una rete più performante ma con meno operatori”

di Redazione SUPPLY CHAIN ITALY
26 Giugno 2023
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Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

Se è vero che, posto che i tempi siano rispettati, la rete ferroviaria sarà, al termine del Piano nazionale di ripresa e resilienza, estesa e potenziata in modo significativo, il timore di chi la utilizza quotidianamente è che gli operatori in grado di sopravvivere fino al 2026 possano essere meno di quelli oggi attivi nel settore cargo.

Lo evidenzia una nuova nota inviata al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini dalle associazioni di categoria Assoferr, Fermerci e Fercargo, dopo quella mandata esprimere “forte preoccupazione sulla mancanza di informazioni circa lo stato di attuazione della misura di sostegno Ferrobonus”, relativamente alla cui erogazione “al momento non vi sono informazioni ufficiali verso le imprese”.

Questa volta il grido d’allarme è più generale: “Le rappresentanze sostengono infatti che le interruzioni ferroviarie previste per la realizzazione delle opere Pnrr, il perdurare della crisi energetica e la burocrazia che affligge il settore, rischiano di provocare danni irreversibili per l’intero comparto del trasporto ferroviario merci in Italia. Nel 2026, termine di fine lavori del Recovery, potrebbero esserci meno operatori attivi sul mercato e vanificare lo sforzo degli investimenti previsto per gli utilizzatori dell’infrastruttura”. Da qui la richiesta a Salvini di “un confronto permanente con gli operatori al fine di accompagnare questa fase molto complessa e difficile per il trasporto ferroviario delle merci”.

Per quanto non esplicitato, evidente fra le preoccupazioni delle sigle del settore ferroviario-cargo quella, condivisa con altri rami del cluster della logistica italiana, che riguarda la vacatio sempre più ampia e significativa nelle più alte posizioni dirigenziali del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che rende difficoltosa l’adozione di decreti e provvedimenti attuativi.

Un rapido excursus fra le posizioni di vertice di Porta Pia mostra come siano arrivate a cinque le direzioni generali rimaste senza direttore a partire da dicembre ad oggi. Le promozioni a capo dipartimento (rispettivamente quello per la “mobilità sostenibile” e quello per “la programmazione strategica, i sistemi infrastrutturali, di trasporto a rete, informativi e statistici”) di Maria Teresa Di Matteo ed Enrico Pujia hanno lasciato scoperte (da gennaio e dicembre rispettivamente) le direzioni generali “per la vigilanza sulle Autorità di sistema portuale, il trasporto marittimo e per vie d’acqua interne” e quella per “il trasporto e le infrastrutture ferroviarie”.

Il pensionamento a fine febbraio di Vittorio Cinelli ha lasciato senza vertice la Direzione generale per le politiche integrate di mobilità sostenibile, la logistica e l’intermodalità mentre è da dicembre che Bernadette Veca si è spostata a Capo del dipartimento per la programmazione economica della Presidenza del Consiglio dei ministri, lasciando l’incarico apicale della Direzione generale per lo sviluppo del territorio, la pianificazione e i progetti internazionali, così come la Direzione generale per la digitalizzazione, i sistemi informativi e statistici è da aprile senza testa per la nomina di Mario Nobile alla guida dell’Agenzia per l’Italia Digitale.

Il Ministero non ha risposto alle domande a riguardo di tempi e modi previsti per la procedura di individuazione dei nuovi vertici delle cinque direzioni rimaste scoperte.

A.M.

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