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Saporiti (Vibram): “Le rese ex works uno specchietto per le allodole”

L’azienda ha avviato un percorso per modificare gradualmente la resa contrattuale dei propri prodotti

di REDAZIONE SUPPLY CHAIN ITALY
12 Marzo 2024
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Saporiti Roberta (Vibram)

Milano – Le rese ex works – in cui cioè il venditore non è tenuto a occuparsi del carico delle merci nel vettore scelto dal compratore, né a sostenere i costi per lo sdoganamento all’esportazione – possono sembrare la soluzione più comoda per vendere i propri prodotti all’estero, ma spesso si rivelano solo “uno specchietto per le allodole” che nella realtà “nasconde molte incertezze”. A dirlo, nel corso di un convegno interamente dedicato a questo tema organizzato da Aice (Associazione Italiana Commercio Estero), è stata Roberta Saporiti, accountant dell’ufficio Finance e Controllo di Gestione di Vibram Spa, che in una frase ha sintetizzato una posizione espressa pressoché anche in tutti gli interventi precedenti al suo.

Sul tema l’azienda varesina, produttrice di suole in gomma che esporta in tutto il mondo (con ricavi da vendite pari per il 2022 a 322 milioni di euro) ha acquisito consapevolezza già da tempo, fino ad avviare tre anni fa un percorso per rivedere questa impostazione, che già mostrava una serie di criticità. Tra i limiti, ha evidenziato Saporiti, innanzitutto l’assenza di controllo sullo spedizioniere e sulla spedizione, le incertezze sulle responsabilità nel caricamento del mezzo che viene a ritirare la merce, ma anche l’impossibilità di offrire un customer service adeguato e le difficoltà nel reperire evidenze in grado di provare l’avvenuta esportazione (o cessione intracomunitaria).

A dettare il cambio di passo, ha spiegato Saporiti, sono stati però tre soprattutto tre fattori: il cambio di dirigenza che l’azienda ha vissuto circa tre anni fa, con la scelta del nuovo management di analizzare e mettere in discussione i diversi processi, la crescente necessità di essere sempre più vicini al cliente e poi lo scoppio della guerra in Ucraina, che ha fatto ancora di più emergere i problemi di tracciabilità delle spedizioni. Da qui la decisione di avviare – in collaborazione con Qvadra Srl (Ormesani Srl) – un audit interno e una attività di formazione con l’obiettivo di mappare i flussi, definire ruoli e responsabilità e in ultima battuta valutare quali altre rese potessero fare al caso di Vibram.

“Non abbiamo ancora individuato la resa del futuro, probabilmente partiremo con la Fca, che è quella che si discosta meno dalla ex works, nell’ottica di un approccio graduale” ha spiegato Saporiti. Nel dettaglio la resa Free carrier (o franco vettore) prevede che il venditore consegni la merce al vettore nella sua sede o in un altro luogo concordato, e la carichi sul mezzo del vettore, provvedendo anche alla documentazione necessaria per la spedizione e al pagamento delle operazioni doganali.

Allo stato attuale Vibram – che nel frattempo si è dotata internamente di una esperta di questioni doganali, la custom specialist Francesca Invernizzi – sta trattando questa possibilità con due clienti. “Nel futuro potremmo pensare anche di dotarci di un ufficio spedizioni interno” ha aggiunto Saporiti, evidenziando la necessità di avere maggiore controllo non solo sui flussi in uscita ma anche sulle importanti importazioni di materie prime necessarie per la produzione.

Da segnalare che la relazione presentata al convegno di Aice ha offerto anche una panoramica sullo stato attuale delle rese Incoterms utilizzate da Vibram per spedizioni verso l’area Emea (che nel 2022 hanno contato per un fatturato di 72,2 milioni di euro). Se complessivamente per quelle sul territorio italiano prevale la Ddp (che pesa complessivamente per il 57% di ricavi dell’area), per l’export (nella macro-regione) la quota maggiore è della ex works, che conta per il 26%.

 

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