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Container: nuova offensiva a Bruxelles contro le compagnie di navigazione

Clecat, l’associazione europea degli spedizionieri e degli operatori logistici esorta ancora una volta le istituzioni europee “a intervenire in considerazione degli effetti che le disfunzioni del trasporto marittimo causano sul commercio internazionale e, dunque, sulle possibilità e le tempistiche di ripresa dell’economia del Vecchio Continente”. Per questo l’aasociazione ha deciso di rivolgere un nuovo appello […]

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17 Maggio 2021
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Terminal Darsena Toscana di Livorno (27) – porto container

Clecat, l’associazione europea degli spedizionieri e degli operatori logistici esorta ancora una volta le istituzioni europee “a intervenire in considerazione degli effetti che le disfunzioni del trasporto marittimo causano sul commercio internazionale e, dunque, sulle possibilità e le tempistiche di ripresa dell’economia del Vecchio Continente”. Per questo l’aasociazione ha deciso di rivolgere un nuovo appello anche alle autorità politiche degli Stati Membri dell’Unione Europea.

In Italia è la Federazione nazionale delle imprese di spedizioni (Fedespedi) a richiamare l’attenzione sul tema con una nota in cui si legge: “Alla fine di marzo il Clecat, la nostra associazione a livello europeo, insieme alle altre associazioni europee rappresentative del trasporto merci, ha partecipato al Maritime Forum: un incontro promosso dalla Commissione Europea per fare il punto sulla situazione del trasporto marittimo di container. Tuttavia, quest’incontro e le successive azioni concordate dal CLECAT e dalle altre rappresentanze europee di caricatori e terminalisti portuali non hanno determinato un cambio di prospettiva da parte della Commissione Europea che ha mantenuto la propria linea di inazione, scegliendo di non intervenire con un serio e attento monitoraggio sulla condotta delle compagnie marittime e sulle relative conseguenze sul trasporto container, come richiesto da tutti gli operatori del settore marittimo”.

La comunicazione dei clienti dei vettori marittimi si conclude con il riassunto di ciò che non funziona: “Come abbiamo più volte ricordato, le distorsioni esistenti nel settore del trasporto marittimo poggiano su alcuni privilegi e benefici di cui godono le compagnie di navigazione che, a detrimento della concorrenza e della qualità dei servizi resi, hanno consentito alle shipping line prima di allearsi in consorzi per scambiarsi dati commercialmente sensibili al fine di condividere la capacità di carico sulle navi e coordinare la programmazione delle rotte; poi di ampliare la propria attività tramite processi di integrazione verticale”.

In sintesi i privilegi di cui godono le shipping line ed evidenziati da Clecat sono i seguenti: “Un regime fiscale agevolato rispetto agli altri operatori della supply chain marittima: ad esempio, l’aliquota effettiva dell’imposta sul reddito per le shipping line è del 7%, contro il 27% per le imprese di spedizioni internazionali (International Transport Forum – OCSE). Aiuti di Stato che consentono alle compagnie marittime di beneficiare di un trattamento fiscale preferenziale per i servizi accessori (come le attività di movimentazione della merce) resi anche dagli altri operatori del settore, determinando una distorsione del mercato e un evidente vantaggio competitivo. CBER – Consortia Block Exemption Regulation, cioè l’esenzione da alcune regole antitrust europee che la Commissione ha deciso di rinnovare per altri quattro anni a marzo 2020 e che permette alle compagnie marittime di gestire la capacità di stiva e il livello dei noli container”.

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