“Alcuni grandi caricatori italiani pensano di abbandonare la resa franco fabbrica”
Ad oggi forse vale quanto una goccia nel mare ma il segnale che arriva è importante: “Alcuni grandi gruppi produttori di piastrelle del distretto della ceramica di Sassuolo stanno seriamente ragionando sull’opportunità di rivedere i termini di resa commerciale delle proprie merci in export. Da Ex-works a Fob o in alcuni casi addirittura Cif (franco […]
Ad oggi forse vale quanto una goccia nel mare ma il segnale che arriva è importante: “Alcuni grandi gruppi produttori di piastrelle del distretto della ceramica di Sassuolo stanno seriamente ragionando sull’opportunità di rivedere i termini di resa commerciale delle proprie merci in export. Da Ex-works a Fob o in alcuni casi addirittura Cif (franco destino)”.
Ad annunciarlo è stato Guido Nicolini, presidente della Confederazione generale italiana dei trasporti e della logistica, in occasione di un convegno organizzato questa settimana a Ravenna da Confetra Emilia Romagna. In un Paese dove oltre il 70% dell’export si affida, in termini di logistica e trasporto, a controparti estere, la volontà di avere maggiore controllo sulla distribuzione dei propri prodotti è un indicatore importante.
A SUPPLY CHAIN ITALY lo stesso Nicolini ha poi specificato che, “rispetto ad altre regioni d’Italia, l’Emilia Romagna risulta virtuosa perché il 56% delle aziende finora ha scelto di vendere franco fabbrica, dunque une percentuale contenuta rispetto alla media nazionale. Ora però ci sono grandi aziende che stanno valutando le rese di vendita Fob e Cif perché pensano di poter gestire meglio la propria logistica interna in questo contesto di mercato particolarmente complicato. In particolare l’auspicio è quello di efficientare e migliorare i trasporti dai propri magazzini e avere maggiore controllo sull’organizzazione dei flussi in uscita che altrimenti risultano disordinati” e quindi maggiormente critici e time oltre che cost consuming.
Nel corso del convegno il presidente di Confetra ha parlato anche del Piano nazionale di Ripresa e resilienza (Pnrr) “che destina al settore infrastrutture-logistica-trasporti circa 60 miliardi di euro su 220, oltre il 25%. Complessivamente non possiamo non accogliere favorevolmente il Pnrr anche se rimaniamo scettici sulla forma, occorre la collaborazione di tutti per riuscire ad attuare un piano di investimenti di questa portata che deve avere come obiettivo un rilancio duraturo”.
Nicolini ha ricordato che l’Emilia Romagna registra 10 mila imprese logistiche attive, il 9,5%
dell’intera industry logistica nazionale: “Con il porto di Ravenna, la rete degli interporti di Parma e Bologna, i terminal intermodali privati, questa regione può primeggiare in Italia e in Europa”.
Silvia Moretto, presidente Fedespedi e vice presidente di Confetra, ha sottolineato come “nell’ultimo anno la logistica si sia ripresa un posto centrale anche nel nostro Paese. Innovazione, sostenibilità e resilienza sono necessari per competere e sostenere il Sistema Paese”.
Quattro sono secondo Moretto gli obiettivi da raggiungere a livello nazionale: “l’applicazione del Sudoco e l’attivazione di laboratori di analisi convenzionati, l’utilizzo della lettera di vettura elettronica E-Cmr, l’interoperabilità dei port community system e la riforma del codice civile sul contratto di spedizione”. A livello globale, invece, le sfide che attendono il settore degli spedizionieri, sono “la revoca o modifica del Consortia block exemption regulation” per le compagnie di navigazione attive nel settore container e “l’eliminazione per lo shipping, o la limitazione alle attività marittime” dei benefici fiscali concessi sempre alle grandi realtà armatoriali.
N.C.