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Nel Torinese il secondo sviluppo logistico in Italia di Panattoni

Milano – Sorgerà a Scarmagno, nei pressi di Torino, in una porzione dell’ex comprensorio Olivetti, il secondo sviluppo immobiliare logistico curato in Italia da Panattoni dopo quello di Ospedaletto Lodigiano. I due progetti, insieme alla filosofia di fondo della società e ai suoi obiettivi, sono stati presentati oggi alla stampa alla presenza del country head, […]

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15 Giugno 2022
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Milano – Sorgerà a Scarmagno, nei pressi di Torino, in una porzione dell’ex comprensorio Olivetti, il secondo sviluppo immobiliare logistico curato in Italia da Panattoni dopo quello di Ospedaletto Lodigiano. I due progetti, insieme alla filosofia di fondo della società e ai suoi obiettivi, sono stati presentati oggi alla stampa alla presenza del country head, Jean-Luc Saporito, del responsabile business development Marco Zorzetto e della office manager Gaia Manetti.

Pronto secondo le stime (almeno per quel che riguarda una prima fase di 40mila metri quadrati) nel 2024, l’immobile di Scarmagno si svilupperà su una superficie di 85.900 metri quadrati. “Date le dimensioni e la posizione, si tratta di una struttura da cui il locatario può pensare di servire l’intera Italia, ma anche la Francia” ha commentato Zorzetto. Per quello di Ospedaletto Lodigiano – che sorgerà in “un’area ambitissima” come quella di Milano Sud e i cui lavori inizieranno a luglio per concludersi secondo le previsioni nel primo semestre 2023 – Panattoni è invece al momento alla ricerca di un locatario e interlocuzioni in questo senso sono con un 3PL e con azienda “del settore alimentare”.

Insieme i due progetti incluse le aree circostanti ‘valgono’ per la società una superficie di proprietà di 300mila metri quadrati. A queste se ne affiancano altre (per complessivi 500mila metri quadrati) che costituiscono la pipeline italiana di Panattoni, metà delle quali già ‘preliminarizzate’, ovvero per le quali in sostanza la società attende solo il rilascio del permesso a costruire per finalizzare l’operazione.

Parlando più in generale dell’approccio con cui Panattoni si rivolgerà al mercato italiano, nell’incontro di oggi la parola più ricorrente tra i discorsi dei suoi manager è stata ‘flessibilità’. “Possiamo realizzare immobili built-to-suit o speculativi, dal Nord al Sud (escludendo al momento le isole), anche nei mercati ‘secondari’ e in contesti ‘brownfield’, puntando sempre però a ottenere certificazioni almeno di livello Breeam Very Good o Leed Gold”.

Una impostazione che secondo i vertici di Panattoni deriva anche dal modo in cui la società (le cui quote sono ancora in mano alla famiglia del fondatore) ha scelto di strutturare le proprie operazioni, ovvero ponendosi nelle vesti di ‘partner industriale’ che si fa affiancare di volta in volta da ‘soci di capitale’ che fungono da co-investitori (Kajima nel caso del progetto di Ospedaletto), ognuno potenzialmente portatore di interessi diversi anche rispetto ai rendimenti attesi.

Allargando il discorso più in generale allo stato del settore dell’immobiliare a uso logistico in Italia e alle sue tendenze, dalla ‘nuova entrante’ (ma solo sul mercato nazionale) Panattoni il riscontro è finora tutto considerato positivo. Le perturbazioni che lo attraversano (in primis i rincari delle materie prime e dei costi di produzione) non sono di poco conto, e potranno portare a un innalzamento dei canoni di locazione, “che però al momento incidono molto poco sui conti degli operatori locatari, nell’ordine del 5-10%” secondo Saporito. La domanda però “è forte”, trainata sia dallo sviluppo del commercio elettronico sia dalla “de-delocalizzazione” delle attività produttive e dalla ricerca da parte delle aziende di spazi per lo stoccaggio di prodotti e approvvigionamenti. L’interesse per i temi Esg è visto come reale e non passeggero, dato che – ha evidenziato Saporito – sono (e saranno sempre di più) i fondi di investimento a inserire requisiti di tipo ambientale, sociale o come conditio sine qua non per i propri investimenti. Allo stesso modo, la necessità di rivolgersi ad aree brownfield per gli sviluppi è ormai più una necessità che una virtù: “A oggi le aree industriali dismesse in Italia occupano una superficie pari a quella dell’Umbria” ha dichiarato Zorzetto, citando un dato riportato durante un recente convegno di settore. “Il tema però è un altro: al di là dell’area di Milano, dove il loro valore è alto di per sé, spesso domanda e offerta non riescono a incontrarsi per aree di questo tipo perché i proprietari sono convinti che i loro immobili abbiano ancora un grande valore o siano riutilizzabili, quando spesso invece così non è”.

Francesca Marchesi

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