Nuova bufera sulla logistica: sequestri, arresti e indagini per tre consorzi di Milano
Una nuova bufera si è alzata sulla logistica e sulle realtà che operano in subappalto nel settore. A essere travolte da una indagine della magistratura sono questa volta tre consorzi del Milanese attivi nel facchinaggio, ovvero Consorzio Sac e Consorzio Progresso Logistico, entrambi di Lainate, e Ailati Scarl di Trezzano sul Naviglio, che operavano nella […]
Una nuova bufera si è alzata sulla logistica e sulle realtà che operano in subappalto nel settore. A essere travolte da una indagine della magistratura sono questa volta tre consorzi del Milanese attivi nel facchinaggio, ovvero Consorzio Sac e Consorzio Progresso Logistico, entrambi di Lainate, e Ailati Scarl di Trezzano sul Naviglio, che operavano nella gestione di cooperative e società accusate di avere ottenuto profitti illeciti ai danni dell’Erario, dei lavoratori e delle imprese concorrenti.
Nell’ambito dell’inchiesta sono state spiccate 22 ordinanze di custodia cautelare per altrettanti indagati, di cui dieci posti in carcere e dodici ai domiciliari. Tra i reati ipotizzati dai pm Grazia Colacicco e Pasquale Addesso della Procura di Milano che coordinano le indagini ci sono quelli di associazione per delinquere, bancarotta, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Disposto inoltre il sequestro preventivo di 270 milioni di euro.
Secondo la ricostruzione riportata dall’Ansa, il sistema messo in atto – dal 2000 a questa parte – prevedeva la costante sostituzione di consorzi e società cooperative di lavoro, del settore della logistica e del facchinaggio, avviati al fallimento, con nuove società costituite ad hoc e l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. In sostanza le società in questione operavano per pochi anni, per poi essere svuotate e lasciate all’insolvenza.
Dall’ordinanza firmata dal gip Luca Milani risulta anche che gran parte dei profitti illeciti della presunta maxi frode fiscale sarebbe stata prima girata in Cina ad alcuni complici cinesi attraverso false fatture e poi sarebbe rientrata in Italia. Tra le peculiarità dell’indagine si segnala infine l’utilizzo di trojan sui telefoni degli indagati, che hanno permesso agli inquirenti di intercettarne le conversazioni.
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