La logistica a orologeria del gruppo Humanitas si racconta al Propeller Club di Milano
Milano – Difficile immaginare nel panorama italiano una logistica la cui complessità possa reggere il confronto con quella del gruppo Humanitas. Nove ospedali privati, per circa 1,26 milioni di pazienti ogni anno, 2.100 letti, 2.800 medici, una superficie di 238mila metri quadrati e un totale di oltre 186mila ricoveri annui, con nove edifici presenti nel […]
Milano – Difficile immaginare nel panorama italiano una logistica la cui complessità possa reggere il confronto con quella del gruppo Humanitas.
Nove ospedali privati, per circa 1,26 milioni di pazienti ogni anno, 2.100 letti, 2.800 medici, una superficie di 238mila metri quadrati e un totale di oltre 186mila ricoveri annui, con nove edifici presenti nel solo polo di Rozzano, ‘cittadella’ a sé stante che ospita anche un campus universitario con le sue necessità specifiche. A questi poli si somma una rete di 21 medical care, servizi ambulatoriali e di analisi presenti sul territorio, che se da un lato sgrava gli ospedali di una parte del carico di lavoro) in particolare delle visite post -ricovero), dall’altro aggiunge un ulteriore elemento di complessità alla gestione di approvvigionamenti e distribuzione. Una galassia, quindi, di attività e flussi strettamente intrecciati tra loro, ma anche in continua espansione considerando che sono quattro gli ospedali (di Torino) che solo nei mesi scorsi si sono aggiunti al quadro, mentre sul fronte dei servizi territoriali il piano di sviluppo del gruppo prevede l’ingresso di altri 10 presidi nei prossimi due anni.
Questo il contesto in cui si trova quotidianamente a operare lo staff guidato da Fausta Floreani, supply chain director del gruppo Humanitas, in precedenza titolare di un incarico simile al San Raffaele, la quale nel corso di un evento organizzato dal Propeller Club di Milano ha offerto alla platea di esperti del settore una fotografia in movimento della sua funzione lavorativa.
In primis, partendo dalle specificità del modello operativo dello stesso ospedale (reso possibile anche dal suo essere una struttura privata), in cui non esistono letti dedicati (in altre parole, le degenze sono multi-specialistiche) e gli spazi possono essere rifunzionalizzati in misura del 60% del totale (grazie anche all’impiego di strutture in cartongesso), con la possibilità da un lato di efficientare l’utilizzo degli asset e
dall’altro di permettere fluidità nello sviluppo di nuove linee di attività clinica. In questo scenario, la funzione della supply chain opera – ha spiegato Floreani – rifornendo continuamente le strutture, arrivando ad esempio a servire le 38 sale operatorie tre volte al giorno per evitare interruzioni alle attività.
“La complessità specifica del polo di Rozzano è dovuta anche al suo essere sviluppato orizzontalmente, a differenza di molti altri poli ospedalieri, con edifici di massimo 2 o 3 piani uniti tra loro da due strade interne e quindi serviti da furgoncini, e dall’assenza collegamenti sotterranei”.
Un altro numero che rende l’idea della mole di attività in carico alla funzione della supply chain è quello di magazzini periferici (reparti, ambulatori, medical care, uffici), ovvero dei punti da cui partono le richieste di approvvigionamento: 300 sono solo quelli di reparto interni ai poli ospedalieri (ognuno circa 5.000 codici prodotti che ‘girano’ nell’arco di una settimana), riforniti dai magazzini centrali con cadenza al massimo settimanale e gestiti con risorse interne. “Stiamo ora aggiudicando il nuovo contratto pluriennale per il loro
approvvigionamento e trasporto, un servizio che da un lato può sembrare simile al semplice fattorinaggio ma che allo stesso tempo richiede grande precisione e puntualità nelle consegne”.
Dai punti periferici partono (tramite una piattaforma web, ora in via di migrazione su Sap) richieste di forniture che sono servite o dal magazzino centrale di Rozzano (ad esempio per quel che riguarda farmaci e prodotti per la dialisi, che lo staff medico e sanitario preferisce avere ‘fisicamente’ vicino a sé) o dall’hub logistico dell’azienda di Piacenza (dove sono gestiti materiali da ufficio e destinati ai pazienti, stampati e
consumabili, dispositivi medici, Dpi, prodotti per l’igiene e la pulizia ma anche la sacche di soluzione fisiologica).
Ad oggi, ha riassunto Floreani, nell’insieme la gestione della ‘material logistics’ di Humanitas prevede la presenza di magazzini centrali di area, in full outsourcing (a Varese, Bergamo, Milano/Rozzano e Torino), anche se “la tensione è verso un unico grande magazzino centrale al Nord”, e quella, come visto, di numerosi magazzini periferici gestiti internamente. Dai magazzini centrali sono serviti anche i centri
medical care, che sono riforniti tramite trasporti su strada gestiti per conto del gruppo da corrieri od operatori specializzati, mentre i trasporti interni (relativi a materiali, campioni, pacchi utente) sono appunto quelli oggetto di un contratto in via di aggiudicazione.
Un sistema che già non può che funzionare come un meccanismo a orologeria, ma che allo stesso tempo, per ammissione della stessa supply chain director di Humanitas, deve necessariamente migliorare almeno su un punto. “I trasporti sono un ambito su cui stiamo ancora cercando il giusto modello organizzativo, siamo ancora lontani da una soluzione” ha infatti spiegato la manager.
Nonostante questo punto più critico, la supply chain di Humanitas per i soli farmaci, ha aggiunto Floreani, ‘vale’ acquisti per 110 milioni di euro all’anno e lo scaduto non supera i 500mila euro, quindi meno dello 0,5% del totale.
Altre aree di intervento sono invece già al centro di specifici progetti aziendali. “Il primo riguarda l’informatizzazione dei magazzini di reparto, come già avviene per quello centrale, per permetterci di avere visibilità sulle disponibilità di prodotti”. Il gruppo lavorerà poi alla esternalizzazione della gestione di tutti i magazzini, incluso quello centrale, mentre un progetto già in corso riguarda, come accennato anche sopra,
alla implementazione della piattaforma Sap per la gestione di tutte le operazioni legate al ciclo passivo”.
Non mancano inoltre studi e approfondimenti su nuove soluzioni, che il gruppo Humanitas conduce in collaborazione con varie Università, dall’utilizzo di armadietti-magazzini robotizzati per farmaci ai reparti (che verrà implementato nel 2025), all’impiego di veicoli a guida autonoma, droni inclusi. Tutte possibilità che Humanitas reputa interessanti, ma che secondo Floreani al momento non danno risposta a una
esigenza fondamentale: “Come poterle utilizzare non in modo puntuale, ma per poter costruire un intero sistema logistico e di supply chain?”.
Francesca Marchesi
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