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Economia

L’agroalimentare italiano corre verso gli Usa per anticipare l’introduzione dei dazi

Granarolo e altri lamentano carenza di stiva per invii massicci di merce, mentre Mutti mette in guardia rispetto ai rischi di questa strategia

di REDAZIONE SUPPLY CHAIN ITALY
3 Dicembre 2024
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Pomodoro trasformazione

La possibile introduzione di dazi nei confronti della Ue da parte della prossima amministrazione Trump sta accelerando le spedizioni negli Usa di prodotti dell’agroalimentare made in Italy. Alcune testimonianze di questo sono state raccolte nei giorni scorsi dal Financial Times, in particolare tra i produttori di Parmigiano Reggiano e olio di oliva.

Alla testata britannica Michele Buccelletti, amministratore delegato di Oliveto Italiana di Atena Soc. Agr. Srl, che produce olio d’oliva extra vergine, ha evidenziato come alla sua azienda – che effettua solitamente due o tre spedizioni all’anno verso gli Stati Uniti, inviando ogni volta tra i 20mila e i 30mila litri d’olio  – sia stato richiesto dal proprio importatore nel paese di inviarvi 50mila litri solo nel mese di novembre, per timore rispetto all’introduzione di nuovi dazi. L’imprenditore ha però segnalato come attualmente sia molto difficile trovare spazio in stiva per container reefer da 20 o 40 piedi per spedire la merce negli Usa.

Anche Granarolo, ha spiegato al Ft il suo direttore generale Filippo Marchi, sta cercando di spedire più Parmigiano Reggiano e Grana Padano alla sua filiale statunitense. In questo caso il desiderio dell’azienda di anticipare gli invii si scontra però non solo con la carenza di capacità, ma anche con quelli che il manager ha chiamato colli di bottiglia della produzione. In altre parole, i lunghi tempi di stagionatura dei formaggi pongono limiti alla possibilità di effettuare maggiori invii in questo periodo dell’anno. Al Financial Times, Granarolo ha spiegato che di star provando assicurarsi ulteriore spazio di magazzino per contenere le scorte extra entro la fine di febbraio, quando prevede che potrebbero essere imposti i primi dazi. Secondo Luigi Pio Scordamaglia, direttore degli affari internazionali di Coldiretti, la creazione di scorte nel paese potrebbe peraltro essere iniziata per alcuni operatori del comparto già da prima dello svolgimento delle elezioni, dato che molti si attendevano la vittoria di Trump.

Francesco Mutti, amministratore delegato della omonima azienda produttrice di conserve di pomodoro, ha dal canto suo però messo in guardia rispetto ai rischi rappresentati dall’anticipare le esportazioni, in particolare in termini di costo del capitale e degli spazi extra di stoccaggio, che potrebbe non essere ripagati nel caso in cui la minaccia tariffaria di Trump non si materializzasse o se i dazi fossero inferiori del previsto. In ogni caso, la fiammata nell’export in caso front-loading – ha sottolineato anche Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura – sarebbe probabilmente seguito da un rallentamento degli invii nel paese.

Tornando al tema dei dazi, va segnalato che secondo alcuni commentatori il rischio potrebbe però essere più contenuto di quanto previsto, considerate le ultime dichiarazioni di Trump, che si sono concentrate in particolare su tre partner commerciali. Circa una settimana fa infatti il presidente eletto statunitense ha annunciato l’intenzione di porre tariffe del 25% su tutti i prodotti importati dal Messico e dal Canada – in violazione quindi del trattato di libero scambio con i due paesi suoi confinanti – e di un ulteriore 10% su quelli in arrivo dalla Cina, quindi su valori inferiori rispetto a quelli annunciati in campagna elettorale, spiegando che questa decisione verrà ratificata subito dopo il suo insediamento e che le nuove tariffe resteranno in vigore fino a che i Paesi in questione non fermeranno l’immigrazione illegale e il traffico di stupefacenti verso gli Usa.
Secondo alcuni commentatori, in sostanza, la tattica di Trump sarebbe quella di utilizzare la minaccia di nuove tariffe come arma negoziale, cosa che lascerebbe spazio a eventuali trattative. In questa chiave andrebbe quindi letta anche la proposta espressa nei giorni scorsi dalla presidente della Bce Christine Lagarde che, sempre sulle pagine del Financial Times, ha evidenziato come l’Unione Europea potrebbe trovarsi in una posizione migliore se si mettesse presto a trattare con gli Stati Uniti rispetto a eventuali nuove tariffe commerciali, invece di aspettare che queste siano imposte per poi formulare contromisure. Lagarde nel dettaglio ha proposto che l’Ue si renda disponibile a comprare più prodotti dagli Usa come Gnl e equipment per la difesa.

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