Mobilità Ue e crisi del ferro: Italia e Occidente in controtendenza allo shift modale
Divergenza Ue con il 78% del trasporto merci che domina su gomma. Il settore chiede strategie multi-vettore e incentivi reali contro il rischio di approccio ideologico
Il recente convegno Connact Mobility “L’evoluzione delle politiche Ue per i Trasporti”, che si è svolto a Roma in collaborazione con il Parlamento europeo, ha messo in luce una netta stagnazione nello shift modale e un crescente scollamento tra gli obiettivi europei di decarbonizzazione e la realtà economica della logistica.
I dati Eurostat rielaborati da Connact mostrano un quadro statico: il trasporto merci via terra nell’Ue è ancora dominato dal trasporto su gomma (78\%), con la quota ferroviaria in calo al 17% (19% nel 2015).
L’Italia si posiziona in modo critico, registrando una dipendenza dalla strada superiore alla media (88% delle merci) e una quota ferroviaria ferma al 12%, in flessione rispetto al 2015.
La performance italiana riflette una debolezza generalizzata nell’Europa occidentale con bassi livelli su ferro di Spagna (4,2\%) e Francia (9,2\%) che evidenziano un uso limitato della ferrovia per il trasporto merci.
La situazione è radicalmente opposta nell’Europa orientale e settentrionale, dove la ferrovia è un pilastro logistico: paesi come Germania (20,6%), Austria (29,3%) e i paesi baltici (con la Lettonia al 44%) superano ampiamente il target europeo.
Questa stagnazione risulta particolarmente problematica se si considera l’ambizione della Strategia Ue, che punta a raddoppiare la quota ferroviaria entro il 2050.
Il dibattito ha messo in luce due fronti critici: il ritardo nell’e-mobility e la necessità di un approccio tecnologico plurale. Tra i contributi apportati, quello di Confetra ha sollevato forti critiche verso la proposta Corporate Green Fleet della Commissione, che impone quote di acquisto obbligatorie per camion elettrici. Maria Cristina Scarfia ha definito l’approccio “ideologico”, sottolineando l’irrealismo economico: i costi elevati dei camion elettrici (circa 400.000 euro) e gli insufficienti incentivi espongono le aziende a rischi finanziari. L’appello del settore è stato rivolto al Governo italiano e ai Parlamentari per ottenere deroghe e incentivi potenti.
Anche il settore stradale stesso, per voce di Massimiliano Calamea di Autostrade per l’Italia, ha ribadito la centralità della gomma (che muove l’84% delle merci), affermando che il settore deve essere supportato come abilitatore di decarbonizzazione e digitalizzazione.
La transizione elettrica per i veicoli leggeri – è stato osservato – procede a due velocità: In Italia, la quota di mercato delle auto elettriche (5,9%) è molto indietro rispetto alla media Ue (16,1%) e ai leader come i Paesi Bassi (34,7%).
Fabio Pressi (A2A E-Mobility) ha comunque evidenziato l’impegno italiano nello sviluppo delle infrastrutture di ricarica (circa 67.561 punti installati a Giugno 2025), proponendo un modello integrato di City Plug urbani e hub di ricarica veloce su snodi stradali.
Dal lato player industriali è emersa la richiesta di una visione normativa chiara e flessibile: Pirelli e Ip Gruppo Api hanno chiesto un quadro normativo ben definito e non frammentato per permettere alle aziende di pianificare investimenti in una pluralità di tecnologie (idrogeno, biocarburanti, elettrico), garantendo sicurezza delle forniture e sostenibilità economica.
Davide Cucino (Fincantieri) ha sottolineato l’importanza di una nuova strategia per l’industria marittima europea che supporti lo sviluppo della politica industriale e l’esplorazione della dimensione subacquea.
I porti si propongono come laboratori di sostenibilità; di questo ha parlato Raffaele Latrofa (Adsp Mar Tirreno Centro Settentrionale) citando i progetti di 80 milioni per il cold ironing a Civitavecchia e l’istituzione della prima Hydrogen Valley portuale italiana, con l’obiettivo di produrre 200 tonnellate annue di idrogeno verde per la distribuzione, inclusi i rifornimenti navali.
L’evento in conclusione ha chiarito che il sistema logistico europeo è a un bivio: per raggiungere gli obiettivi green, le istituzioni dovranno adottare un approccio più pragmatico che riconosca l’attuale centralità della strada e che offra incentivi realistici, piuttosto che target che rischiano di compromettere la competitività del settore.
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