“Profili di illegittimità costituzionale” nella legge quadro sugli interporti
Il testo penalizzerebbe le realtà solide e performanti imponendo loro di sostenere lo sviluppo di nuovi scali
“Profili di illegittimità costituzionale” potrebbero emergere dalla proposta di Legge quadro sugli interporti, ora giunta alla terza lettura alla Camera e in attesa di approvazione definitiva. In particolare, una interpretazione letterale di quanto previsto dal testo all’articolo 5 potrebbe penalizzare gli interporti già attivi e finanziariamente solidi, imponendogli di sostenere anche con risorse proprie lo sviluppo di nuove strutture e l’adeguamento di quelli già operativi.
L’allarme è stato lanciato nel corso della presentazione di una relazione tecnico-giuridica elaborata dallo studio legale Donativi e Associati per conto della Camera di Commercio di Padova (socio dell’Interporto di Padova) e illustrata nel corso di un evento che si è svolto a Milano lo scorso 2 ottobre con il patrocino della Camera di commercio del capoluogo lombardo. Presenti anche rapptresentanti di Confindustria Trasporti, Logistica e Industria del Turismo e della Cultura, Fermerci e Assologistica.
Le criticità, secondo i legali, emergono in particolare dal comma 2 dell’articolo 5, il quale recita: “I soggetti che gestiscono gli interporti provvedono alla realizzazione delle strutture relative ai nuovi interporti […]nonché, compatibilmente con l’equilibrio del proprio bilancio, all’adeguamento strutturale degli interporti già operativi e di quelli in corso di realizzazione […].”
Una formulazione che, secondo i legali, andrebbe a comprimere il principio della libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) nonché quello di uguaglianza (art. 3 Cost.) dato che discriminerebbe il gestore di interporto rispetto a proprietari non gestori e ad altri operatori del settore dei trasporti e della logistica, inoltre precludendo la possibilità di raccogliere capitali privati o accedere alla quotazione. In aggiunta, secondo lo studio Donativi e Associati, imporrebbe oneri anche a carico di interporti privati o, indirettamente, di soci privati di interporti a partecipazione pubblica nonché di oneri senza sufficiente copertura legislativa (articoli 42, 47, 23 e 53).
“Questa legge – ha dichiarato Antonio Santocono, presidente della Camera di Commercio di Padova e di Unioncamere Veneto, nonché presidente di InfoCamere – introduce un approccio dirigista che mina alle fondamenta la libertà di iniziativa economica sancita dall’articolo 41 della Costituzione”. “Imporre agli attuali gestori di finanziare e realizzare nuove infrastrutture senza alcuna garanzia di ritorno economico significa scoraggiare investimenti, ridurre la competitività del settore e penalizzare territori come il nostro che hanno saputo sviluppare modelli virtuosi di interporto. Così si mortifica il ruolo delle eccellenze già consolidate e si mettono a repentaglio posti di lavoro e progetti di sviluppo sostenibile che diversi interporti italiani hanno saputo promuovere negli anni”. Una tesi che è stata condivisa da tutti gli attori che sono intervenuti al seminario di Milano, inclusi Confindustria Trasporti, Logistica e Industria del Turismo e della Cultura con il delegato del Presidente Leopoldo Destro, Fermerci con il segretario generale Giuseppe Rizzi e Assologistica con il presidente Umberto Ruggerone.
Da qui la richiesta, lanciata dall’evento milanese a Governo e Parlamento, di una correzione del testo normativo, in particolare del comma 2, per evitare di scoraggiare investimenti e compromettere i modelli gestionali già consolidati.
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