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Ancora un rialzo dei noli container con l’Italia: oltre i 12.500 dollari

Nell’ultima settimana i noli marittimi per il trasporto container hanno raggiunto un nuovo record e secondo Drewry il loro valore è destinato a salire ulteriormente anche nei successivi sette giorni. Il World Container Index della società di analisi – indice composito, che analizza alcune delle rotte marittime globali più importanti – ha riscontrato infatti per […]

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13 Luglio 2021
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Nell’ultima settimana i noli marittimi per il trasporto container hanno raggiunto un nuovo record e secondo Drewry il loro valore è destinato a salire ulteriormente anche nei successivi sette giorni.

Il World Container Index della società di analisi – indice composito, che analizza alcune delle rotte marittime globali più importanti – ha riscontrato infatti per gli scorsi sette giorni un incremento medio delle tariffe per l’invio di un contenitore da 40 piedi del 4,7%, portando il loro valore a 8.795,77 dollari, con un rialzo di 397 dollari su quelle una settimana prima e un divario con quelle di un anno fa del 333%.
Particolarmente elevato il picco raggiunto dalle spedizioni da Shanghai a Genova. Il costo per l’invio di un container da 40′ tocca ora infatti i 12.626 dollari, con un incremento di 852 dollari sulle tariffe di una settimana fa e una crescita del 514% su un anno fa. Ancora una volta, tra le varie rotte analizzate a fare peggio sono state solo le rate di nolo relative a invii da Shanghai a Rotterdam, che raggiungono i 12.795 dollari per Feu (+592 dollari e +596% rispettivamente).

Come noto, da tempo spedizionieri e operatori logistici, a volte anche con il diretto sostegno dei caricatori, hanno messo sotto accusa i vettori marittimi per i valori astronomici raggiunti dal costo del trasporto via mare negli ultimi mesi, a fronte di servizi peggiorati.

Nei giorni scorsi i principali rappresentanti della categoria a livello europeo e globale, ovvero Clecat e Fiata, hanno deciso di aprire un altro fronte di scontro con i liner sul tema della Global Minimum Tax, ovvero la tassa internazionale che andrebbe ad applicarsi alle grandi corporation (in particolare del web, ma non solo) con un volume di affari di almeno 750 milioni di euro che sono solite spostare le loro sedi in paradisi fiscali.
La bozza della norma, sui cui recentemente hanno raggiunto un’intesa i paesi del G20, prevederebbe infatti una esenzione tout court per i cosiddetti ‘shipping services’, una eventualità contestata da Clecat e Fiata.

Le due associazioni hanno spiegato di auspicare che l’esenzione prevista attualmente sia limitata alle attività port-to-port e non si estenda anche a quelle svolte a terra, per evitare pratiche di elusione fiscale e di distorsione commerciale.

In sostanza, il timore di Clecat e Fiata è i vettori marittimi possano essere esentati dal pagamento dell’imposta anche per attività nel campo delle spedizioni e dei servizi logistici e doganali, a cui invece sarebbero soggetti gli operatori rappresentati dalle due associazioni. Le shipping company nel caso si troverebbero a poter offrire servizi di consegna door-to-door a prezzi più vantaggiosi rispetto a quelli che potrebbero invece essere garantiti spedizionieri e operatori logistici, con un effetto distorsivo della concorrenza che andrebbe a danneggiare in particolare le piccole e medie imprese.

La richiesta di Fiata e Clecat all’Ocse (e ai suoi membri) è quindi quella di includere tutti i servizi “non direttamente collegati all’attività delle navi” nell’ambito della intesa (ufficialmente il ‘OECD/G20 Inclusive Framework on Base Erosion and Profit Shifting’), tra cui trasporto interno, lo stoccaggio, la movimentazione, i servizi doganali, fiscali e assicurativi nonché tutti quelli altri che possono essere considerati ‘ancillari’.

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