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L’Italia ridisegna import ed export a causa della guerra

In attesa di conoscere se ci saranno vittime, tra i vari comparti del Made in Italy, delle sanzioni preannunciate ieri da Putin come reazione “rapida” e “ponderata” alle misure disposte dalla Ue e non solo nei confronti della Russia, l’economia italiana di vari settori sta provando a ridefinire i suoi canali di import ed export […]

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10 Marzo 2022
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In attesa di conoscere se ci saranno vittime, tra i vari comparti del Made in Italy, delle sanzioni preannunciate ieri da Putin come reazione “rapida” e “ponderata” alle misure disposte dalla Ue e non solo nei confronti della Russia, l’economia italiana di vari settori sta provando a ridefinire i suoi canali di import ed export alla luce del conflitto, operazione che porterà con sé inevitabili aggiustamenti alle relative catene logistiche.

Ieri si è riunita al Ministero dello Sviluppo Economico la task force istituita pochi giorni fa dal Ministro Giancarlo Giorgetti con l’obiettivo di “valutare i contraccolpi del conflitto sulle filiere e sui prezzi delle materie prime”. Rispetto ai problemi sollevati in relazione alle importazioni, il dicastero in particolare ha suggerito di supplire alla mancanza di grano duro “con acquisti in Canada”, aggiungendo di star ancora valutando canali alternativi per quel che riguarda il reperimento di “argilla, ferro o semi di girasole”.
Al riguardo va evidenziato che due giorni fa il governo ucraino ha varato una limitazione dell’esportazioni con lo scopo di affrontare la crescente carenza di cibo, misura che secondo la Coldiretti si applicherà a “carne, segale, avena, grano saraceno, zucchero, miglio e sale”, consentendo invece quelle di grano, mais, pollame, uova e olio solo attraverso apposite licenze rilasciate dal ministero dell’Economia per garantire le scorte interne.
Secondo l’associazione, l’Italia nel 2021 ha importato dal paese prodotti agroalimentari per 570 milioni di euro, tra cui in primis olio di girasole (per 260 milioni di euro), mais destinato all’alimentazione degli animali (140 milioni) e grano tenero per la panificazione (30 milioni). In particolare l’Ucraina è il secondo fornitore di mais dell’Italia (con una quota di circa il 20% del fabbisogno) e garantisce il 5% dell’import nazionale di grano tenero.
Dall’incontro è emerso anche un problema collaterale generato dal conflitto sul settore logistico, ovvero la carenza di personale (presumibilmente autisti) che si sta riscontrando nel settore dei trasporti dato che molti addetti di nazionalità ucraina stanno raggiungendo il paese per arruolarsi.
Passando al lato delle esportazioni, sempre il Mise ha fatto sapere di star vagliando “la possibilità di introdurre restrizioni come dazi e autorizzazioni” su “alcune materie prime destinate alle esportazioni ma che servono alla nostra industria”, tra cui “rottami di ferro, rame, argilla, nichel, prodotti per l’agricoltura”.
In relazione all’export, come accennato sopra Putin ha firmato due giorni fa un decreto che autorizza il governo a vietare o limitare l’esportazione e l’importazione di prodotti, attrezzature, componenti e materiali a con l’obiettivo di garantire il funzionamento dell’industria e dell’agricoltura, decreto del quale si attendono a breve i documenti attuativi che preciseranno quali saranno le vittime delle stesse sanzioni. Secondo la Coldiretti sono a rischio “le vendite degli elementi base della dieta mediterranea come vino, pasta e olio in Russia, che sono scampati all’embargo (disposto dopo l’annessione della Crimea, ndr), ed hanno raggiunto lo scorso anno il valore di 670 milioni di euro con un aumento del 14% rispetto al 2020”. In particolare le esportazioni nel paese di vino e spumanti valgono 150 milioni di euro, il caffè 80 milioni di euro, l’olio di oliva 32 milioni e la pasta 27 milioni. L’Italia – aggiunge l’associazione – è il primo Paese fornitore di vino in Russia, con una quota di mercato di circa il 30%, davanti a Francia e Spagna.

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