Le previsioni di Zeno D’Agostino sull’aumento delle scorte per catene logistiche meno stressate
Logistica delle merci, magazzini, just in time, noli marittimi, presunti oligopoli e strapotere delle compagnie di navigazione, autoproduzione nei porti e un’Europa distratta o volutamente passiva. Tutti questi ingredienti sono contenuti nelle riflessioni che Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Adriatico Orientale e vicepresidente di Espo (l’associazione europea delle port authority), ha […]
Logistica delle merci, magazzini, just in time, noli marittimi, presunti oligopoli e strapotere delle compagnie di navigazione, autoproduzione nei porti e un’Europa distratta o volutamente passiva.
Tutti questi ingredienti sono contenuti nelle riflessioni che Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Adriatico Orientale e vicepresidente di Espo (l’associazione europea delle port authority), ha affidato a SHIPPING ITALY per ‘rispondere’ alla notizia che alcuni grandi gruppi dell’industria fashion in futuro limiteranno al massimo lo stock dei propri prodotti. I direttori finanziari di marchi importanti come Gap, Abercrombie e Guess prevedono per il futuro di minimizzare la produzione (e il trasporto) dei prodotti per massimizzare i margini di guadagno limitando i volumi di merci trasportati ed evitando ribassi nei prezzi a fine stagione. Un approccio che sembra apparentemente andare in direzione esattamente opposta rispetto a quanto alcuni giorni prima proprio D’Agostino avevo previsto parlando al Corriere della Sera.
“Fino ad oggi si è andati in over-produzione con conseguente svendita a fine stagione. Alcuni gruppi non lo vogliono più fare, ma io aggiungo che lo farà qualcun altro al loro posto (che quindi chiaramente non avrà deciso di tagliare le scorte, anzi). Questo significa che la loro scelta è una scelta particolare, non è il settore a farlo (questo è quello che penso io)” dice il presidente del porto di Trieste.
Che poi aggiunge: “Stiamo parlando di merci di alta gamma, in un settore di alta gamma. Bisogna capire cosa succederà a tutte le altre merci. Soprattutto a quelle più ‘necessarie’. Va sottolineato che l’atteggiamento logistico di questi tre gruppi dell’abbigliamento è una conseguenza di un mutato atteggiamento commerciale. Quello che dico io invece è differente: se voglio continuare a mantenere lo stesso approccio commerciale di fronte a una logistica globale schizofrenica l’unica soluzione è l’ammorbidimento delle supply chain ‘tirate’ degli ultimi anni”.
Dunque meno approccio distributivo just in time e più ‘polmoni’, rappresentati appunto dai magazzini, per limitare le criticità che le aziende nell’ultimo anno si sono trovate a dover affrontare per effetto del caro-noli, per incidenti come l’incaglio della Ever Given nel canale di Suez e della congestione di alcuni porti. “Se invece muta l’atteggiamento nei confronti del mercato ‘fregandosene’ della domanda (con i rischi che questo però può comportare nel tempo) allora ci si può permettere di rendere ancora più ‘arida’ la propria presenza di scorte a livello globale. È chiaro però che questo atteggiamento se lo possono permettere solo marchi importanti di settori di alta gamma” precisa D’Agostino.
Altro aspetto da considerare attentamente è il rispetto delle tempistiche nella gestione logistica del prodotto finito (b2c) rispetto a quella dei componenti o delle materie prime (b2b): “Secondo me – aggiunge – nel b2b, a prescindere dall’atteggiamento commerciale delle aziende o dei settori, l’aumento delle scorte ci dovrà essere comunque. Per questo dico che porti e sistemi portuali dovranno attrezzarsi per aumentare gli spazi di stoccaggio”. Un qualcosa che nello scalo di Trieste e nelle aree retroportuali del Friuli Venezia Giulia stanno già facendo da qualche tempo “in coerenza con il previsto ‘rilassamento’ delle catene distributive globali”.
In prospettiva futura l’esperto manager di interporti e porti prevede anche probabili “ricollocazioni delle fabbriche in altre aree del mondo al fine di ottenere da parte delle aziende una maggiore distribuzione dei poli produttivi a livello regionale. Personalmente, infatti, non scommetto su un significativo abbassamento nel medio termine dei noli marittimi e dunque il trade off di costi fra la convenienza della manodopera e il prezzo della logistica rende certe aree della terra meno convenienti per le fabbriche”.
A proposito dell’elevato prezzo del trasporto marittimo di carichi containerizzati, Zeno D’Agostino coglie l’occasione per porre in evidenza il fatto che “fenomeno inflattivi sono già evidenti sul mercato” a seguito del caro-noli. Da qui un richiamo all’Europa che negli ultimi tempi “si è concentrata soprattutto sulla tassazione delle autorità portuali italiane per la presunta attività d’impresa svolta” mentre “la Dg Competition dovrebbe avere maggiore attenzione su quanto sta accadendo nel trasporto marittimo per le azioni messe in atto dai vettori marittimi. Gli stessi che in Italia si oppongono all’applicazione della norma approvata dal Governo l’anno scorso che impedisce l’autoproduzione delle attività di carico e scarico delle navi in banchina”. D’Agostino, ricordando che la Federal Maritime Commission negli Usa ha acceso un faro sulle problematiche del caro noli e delle strategie delle shipping line, si domanda perché nel nostro continente la Commissione Europea tardi a muoversi nella stessa direzione.
Nicola Capuzzo