Le ferrovie ucraine vogliono raddoppiare l’export di grano via treno
Ukrzaliznytsia, ovvero le ferrovie ucraine, ha fatto sapere di essere al lavoro per incrementare (fino a raddoppiarla, secondo Railfreight) la quota di grano e di altre produzioni agricole esportate via treno. “La logistica della consegna del grano al confine con Romania, Ungheria, Slovacchia e Polonia è già in fase di elaborazione” spiegava in una nota […]

Ukrzaliznytsia, ovvero le ferrovie ucraine, ha fatto sapere di essere al lavoro per incrementare (fino a raddoppiarla, secondo Railfreight) la quota di grano e di altre produzioni agricole esportate via treno.
“La logistica della consegna del grano al confine con Romania, Ungheria, Slovacchia e Polonia è già in fase di elaborazione” spiegava in una nota la società alcuni giorni fa. Dalle frontiere, la merce verrebbe poi recapitata a porti e hub logistici di paesi europei. In particolare, il team di Ukrzaliznytsia ha detto di essere al lavoro su diversi percorsi logistici che consentirebbero la consegna del grano attraverso i seguenti valichi: al confine con la Romania, attraverso Reni (capacità di 87 carri al giorno per day), Giurgiuleşti (5 carri/giorno), Izmail (18 carri/giorno), Vadul-Siret (40 carri/giorno); in direzione della Polonia presso Maciejów (20 carri/giorno), Mostyska-2 (25 carri/giorno); attraverso l’Ungheria presso Batyovo (17 carri/giorno) e infine attraverso Ungheria e Slovacchia presso Chop (20 carri/giorno), Mukachevo (10 carri/giorno) ed Esen (30 carri/giorno).
La società, chiarisce ancora RailFreight, avrebbe avviato gruppi di lavoro bilaterali con gli altri paesi interessati per poter incrementare i volumi e velocizzare le procedure doganali.
Secondo la testata, dei 60 milioni di tonnellate di grano che ogni anno sono esportate dall’Ucraina, il 95% ‘esce’ attraverso i porti, oggi perlopiù chiusi a causa della guerra (fanno eccezione i due di Izmail e Reni, sul Danubio). Un incremento della quota di export via ferro, certamente non risolutivo, potrebbe forse mitigare il rischio di carenze di approvvigionamento globale a breve termine, che però sul medio e lungo periodo si verificheranno comunque a causa dello stop forzato alle attività agricole.
In ogni caso, le relazioni ferroviarie nel paese, oltre che per l’evacuazione dei civili, sembrano in parte ancora funzionare per il trasporto merci. La stessa Ukrzaliznytsia ha annunciato ancora pochi giorni fa di avere recapitato, dall’inizio del conflitto, 484 carri ferroviari di aiuti umanitari, perlopiù verso le città di Kiev, Kharkiv e Lyman.
Per queste attività la società ha spiegato di volersi avvalere inoltre dei carri russi che giacciono sui binari del paese (complessivamente circa 15mila) per i quali è stato avviato un processo di nazionalizzazione. “Ci saranno utili, perché stiamo sviluppando nuove rotte logistiche verso l’Europa che aiuteranno a riprendere le operazioni di trasporto merci” ha dichiarato il presidente Oleksandr Kamyshin.
In relazione alle attività di trasporto merci, in particolare di aiuti umanitari, verso il paese, si segnala infine dal lato italiano che il Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili ha diffuso una nota con alcune precisazioni. Il Mims ha infatti precisa che, per quanto riguarda i tempi di guida e di riposo, la normativa comunitaria prevede che le relative disposizioni non si applichino ai trasporti stradali “di aiuto umanitario, utilizzati in situazione di emergenza o in operazioni di salvataggio”.
Rispetto alle autorizzazioni necessarie, ha evidenziato che l’accordo sull’autotrasporto internazionale di merci tra l’Italia e l’Ucraina, che risale al 1988, esenta dal possesso i “trasporti di articoli necessari alle cure mediche in caso di soccorsi urgenti, soprattutto in presenza delle calamità naturali”, categoria in cui possono rientrare anche coperte e altri generi di prima necessità.
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